Il primo colloquio rappresenta il primo incontro, anche se non è il primo contatto: che si scelga di telefonare, di inviare una mail o di prenotare tramite portale, si sta facendo un passo importante e, per molti, anche difficile. Dubbi, perplessità, paura di sbagliare o paura di aprirsi con una persona che ancora non si conosce, la sensazione di potercela fare anche da soli, il timore di non farcela economicamente e di non sapere quanto durerà e che cosa si sta iniziando, e tanto altro ancora, sono tutti pensieri e vissuti che si possono sperimentare prima di prendere un appuntamento. Si tratta di accoglierli, di ascoltarli, ma anche di provarci, tenendo presente che già lo spazio di un primo colloquio è quello di un incontro privato tra due soggetti, dove uno dei due ha la formazione e l’esperienza necessaria per ascoltare senza giudizio il discorso che porta chi viene a parlare in questo luogo. Il primo colloquio è necessario per conoscersi e per esporre ciò che si desidera e ciò che tormenta, sapendo di parlare con qualcuno che manterrà assoluto riserbo e che offrirà un autentico spazio di parola. Nel primo colloquio si può dunque iniziare a parlare di tutto ciò che preme e che si vuole comunicare ed è il momento in cui si decide, insieme, un possibile percorso da avviare…

“Nel corso della vita di ognuno di noi si susseguono alti e bassi, momenti di felicità e altri di difficoltà. È del tutto naturale, ma alle volte capita di avere la sensazione di non farcela. Nel mio caso il dolore ha preso la forma dell’ansia e dopo un po’ questa sensazione è dilagata, trasformandosi in panico. La prima reazione è sempre quella del rifiuto. Ero preda dei capogiri e di una sensazione di oppressione difficile da descrivere. Le persone vicine mi suggerirono di farmi dare una mano. La mia prima reazione è stata di rifiuto, ma nel giro di qualche tempo, quando ormai anche entrare in un bar era diventato troppo difficile, ho capito che avevo davvero bisogno di una mano. E così mi sono rivolto alla dottoressa. Telefonai una sera verso l’ora di cena, piena di dubbi e dopo una giornata passata a tergiversare. Era un mercoledì, mi alzai già nel pallone e mi preparai. Nonostante tutto, suonai il campanello con un buon quarto d’ora di anticipo. La porta si aprì e io entrai in quel bell’edificio. Trovai la dottoressa ad attendermi, mi salutò e mi indicò prima l’ingresso dello studio, poi una poltrona di fronte alla sua. Si sedette e mi lasciò subito lo spazio di parola di cui avevo decisamente bisogno. Mi sentii subito accolta, ricordo che non provavo ansia in quel momento. Ero in un luogo protetto e sicuro, e ben presto compresi che la dottoressa non mi avrebbe mai lasciato cadere in quel vortice che mi creava tanta ansia. Da allora è passato molto tempo, il percorso è stato lungo e forse non del tutto concluso, ma ora sono finalmente in grado di proseguire da sola. E quei giorni sembrano ormai lontanissimi… A volte chiedere una mano è l’unica cosa che si può davvero fare.”
L.